Si chiama utilità economica l’attitudine effettiva o presunta di un bene a sodisfare un bisogno economico. In senso economico il termine serve ad indicare che una cosa è desiderata e il suo acquisto impone un sacrificio (un costo in denaro).
L’utilità economica presenta i seguenti caratteri fondamentali:
- Non costituisce una qualità oggettiva del bene, ma ha carattere essenzialmente SOGGETTIVO, in quanto dipende solo dal desiderio degli uomini.
- Dipende dalla quantità disponibile del bene e dall’intensità del bisogno da soddisfare. Maggiore è il bisogno e più intenso è il desiderio di avere quel bene o quel servizio. Poiché l’intensità del bisogno diminuisce man mano che questo viene soddisfatto, le successive unità del bene impiegato a tale scopo avranno un’utilità sempre minore (1° legge di GOSSEN). Per un numero di dosi sufficientemente elevato l’utilità dell’ultima unità del bene può scendere a zero: in tal caso l’individuo ha coperto il suo fabbisogno. Se, per ipotesi, l’individuo in questione fosse costretto ad accettare altre dosi del bene oltre il limite di sazietà, le ultime unità potrebbero causargli un senso di sofferenza; ciò avrebbero un’utilità negativa (disutilità).
- L’utilità economica è propria soltanto dei beni e servizi limitati ed appropriabili, con esclusione di quelli liberi, i quali non formano oggetto di atti economici;
- L’utilità economica è strettamente legata alla sensibilità individuale e perciò non è suscettibile di misurazione diretta. La misurazione viene tuttavia fatta mediante il confronto delle soddisfazioni che lo stesso soggetto può trarre dalla disponibilità delle successive dosi di un bene. Questo metodo consente di affermare che le successive unità di un bene hanno, per la stessa persona, utilità decrescenti: la seconda unità è meno utile della prima, la terza meno della seconda, la quarta è meno utile della terza e così via. Ad esempio, se una persona mangia un panino, poi beve un bicchiere di birra e prosegue mangiando un altro panino e bevendo un secondo bicchiere di birra ecc., si può affermare che il primo panino ha per quella persona il più alto grado di utilità.
UTILITÀ INIZIALE, MARGINALE E TOTALE
Supponendo che un dato bene sia scomponibile in dosi tutte uguali tra loro (es. zucchero, grano, olio, pasta), ognuna di queste dosi avrà un suo grado di utilità. L’utilità d’una dose qualsiasi prende il nome di utilità dosale.
Fra i vari gradi di utilità, hanno particolare importanza:
l’utilità iniziale, cioè l’utilità della prima dose disponibile;
l’utilità marginale, cioè l’utilità dell’ultima dose disponibile;
L’utilità iniziale è la più elevata e quella marginale la più bassa. L’utilità marginale di un bene diviene tanto più piccola quanto maggiore è il numero delle dosi disponibili.
L’utilità marginale è una funzione decrescente della quantità.
Si chiama utilità totale la somma delle utilità delle singole unità del bene: essa è una funzione crescente della quantità disponibile.
Poiché l’utilità delle singole dosi è decrescente, ne consegue che l’utilità totale aumenta in misura meno che proporzionale al numero delle dosi stesse.