Art. 3 Costituzione italiana

IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA FORMALE E SOSTANZIALE

 

Nel passato, non tutti gli individui avevano gli stessi diritti ed erano trattati nello stesso modo. Esistevano delle classi sociali privilegiate, come l’aristocrazia e in seguito anche la borghesia, per le quali erano stabilite condizioni più favorevoli.

Nella Costituzione si stabilisce, invece, che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, sono sottoposti alle stesse leggi, senza tener conto della posizione sociale che hanno nella comunità.

Inoltre le leggi non possono contenere discriminazioni nei confronti di nessuno, basate su differenze di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali.

Il principio di uguaglianza ha una grande importanza, anche perché molto spesso la Corte costituzionale lo utilizza per verificare se una legge è o non è rispettosa della Costituzione (si dice, per verificare la costituzionalità della legge).

La Costituzione ha voluto elencare ogni forma possibile di discriminazione; e se qualche altra forma imprevista dovesse sorgere, essa è comunque vietata. Questa prima regola è detta principio di uguaglianza in senso formale (cioè uguaglianza indicata in un atto formale). Questo principio si distingue dal principio di uguaglianza in senso sostanziale, concreto, che è affermato nel secondo comma dell’art. 3.

Non basta affermare che le leggi devono essere uguali per tutti, quando poi ci sono ostacoli economici e sociali (come le differenze di reddito, di cultura, di ambiente) che rendono di fatto gli individui disuguali. Per questo la Costituzione afferma che lo Stato non solo deve assicurare che le leggi siano uguali per tutti, ma ha anche il dovere di eliminare gli ostacoli materiali che limitano di fatto l’uguaglianza dei cittadini. Lo Stato deve intervenire con ogni mezzo per rimuoverli. Se questo non viene fatto, i meno favoriti, i più deboli, restano cittadini di seconda categoria.