art. 42 Costituzione

 

L’interpretazione dell’art. 42 della Costituzione italiana apre una discussione complessa, perché sono tante le tesi dottrinali elaborate.

Nell’art. 29 dello Statuto Albertino la proprietà veniva dichiarata “inviolabile”, invece, nella nostra Costituzione la proprietà non è riconosciuta come un diritto inviolabile ma come un diritto economico rivolto a soddisfare i bisogni umani. Non è facile definire il diritto di proprietà, perché ogni società ha un modello di proprietà condizionato da fattori politici, economici, sociali ecc. È noto che nelle diverse società e nel corso dei secoli, il diritto di proprietà ha evidenziato un notevole cambiamento. In effetti, il contenuto del diritto di proprietà dipende dal suo oggetto e dal modo in cui viene disciplinato dal legislatore.

Il codice civile francese del 1804 affermò che “la proprietà è il potere di godere e di disporre delle cose nel modo più pieno e assoluto” e una disposizione analoga era contenuta nel codice civile italiano del 1865.Invece, nel codice civile italiano del 1942 “il proprietario ha il diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.

È evidente che l’art. 832 del vigente codice civile ha completato la disciplina dell’art. 42 Cost.; pertanto, la norma costituzionale contiene una riserva di legge, nel senso che solo la legge può determinare i modi di acquisto e di godimento, nonché i limiti della proprietà. Il concetto di limite comporta la riduzione o la restrizione di ciò che il proprietario può fare del suo bene. Si possono citare, per esempio, i limiti nei rapporti di vicinato, i vincoli di carattere storico, artistico, paesaggistico o ambientale.
Analizzando il secondo comma dell’art. 42 Cost. si rileva che esso assegna alla proprietà una funzione sociale. Che cosa si intende per funzione sociale? Il concetto appare di difficile definizione, dal momento che la nostra Costituzione non ha indicato quali sarebbero le vie concrete per realizzare tale obiettivo.

Assegnare alla proprietà una funzione sociale significa che il proprietario deve realizzare l’utile della collettività. Una parte della dottrina sostiene che la funzione sociale è un “limite interno” del diritto di proprietà, cioè un limite che non consente al proprietario di godere e disporre dell’oggetto di sua proprietà in completa libertà e, quindi, non può farne un uso contrario all’utilità sociale.

Un’altra tesi sostiene che la funzione sociale è un limite morale, affidato alla coscienza del proprietario, il quale nel realizzare il proprio interesse tende a perseguire anche l’interesse della collettività. Questa tesi però non tiene conto di tutti i limiti giuridici posti al diritto di proprietà sia nell’interesse pubblico che nell’interesse privato.

In effetti, vi sono dei casi in cui la legge consente al proprietario di fare cose e non altre; vi sono dei  casi in cui il proprietario è costretto dalla legge a tenere dei comportamenti che di solito comportano un sacrificio economico.Tutto ciò non significa che la proprietà viene svuotata di un reale contenuto. Chi è proprietario di un immobile d’interesse artistico deve assicurare la funzione sociale osservando il vincolo giuridico che ne impedisce la demolizione.

Sul concetto di funzione sociale l’interpretazione più seguita è quella che cerca di bilanciare l’interesse privato con l’interesse pubblico. Pertanto il diritto di proprietà non può essere esercitato in modo egoistico e quindi la proprietà privata deve produrre dei vantaggi non solo per il titolare del diritto ma anche per la collettività.

 

Prof.ssa G. Ronsisvalle